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La storia di Parabita

A Parabita il processo di antropizzazione ha avuto una origine ed un evoluzione di particolare importanza; l'arrivo dell'uomo, in questa area, risale a circa 80.000 anni prima di Cristo. A testimonianza di ciò sono i resti rinvenuti nella grotta "Delle Veneri" nel corso del 1900, risalgono al Paleolitico medio, quindi riguardano l'uomo di Neanderthal e altri invece del Cro-Magnon, risalgono al Paleolitico superiore. Inoltre sono stati ritrovati due scheletri senza la parte della testa risalenti a 37.000 anni fa e due sculture in osso di cavallo alte circa 10 cm. e 7 cm., che rappresentano donne in maternità. La "Grotta delle Veneri" è una delle scoperte archeologiche più importanti del Salento, grazie ad essa si è potuto avere la certezza della presenza dell'uomo di Neanderthal nel Mediterraneo. Il Neanderthal si estinse, per la supremazia del Cro-Magnon.

Il Cro-Magnon mantenne la sua residenza nelle grotte fino a 5000 anni fa, quando incominciò ad evolvere, e iniziarono le implicazioni sociali, la necessità di associarsi, e poi il gruppo; la grotta non era più sufficiente. Dunque la popolazione si spostò per fondare un villaggio durante il periodo del neolitico, si realizzarono le capanne, e da lì in poi le grotte funsero unicamente da luogo di culto. Il villaggio evolse fino al 1000 a.C., quando in una valle situata più ad ovest, nacque la forte città messapica di Baubota o Bavota, colonizzata dai Greci nell'800 a.C.

Successivamente i Messapi, popolo mite di natura, dovette affrontare le guerra contro Taranto e poi contro Roma. Bavota fu sconfitta e sottomessa a Roma dal 272 a.C. al 400 d.C., tuttavia Roma le concesse larga autonomia, tanto da disporre di una propria zecca.

Nel 927 d.C., Bovota fu anche sconfitta e distrutta dai Turchi. Chi sopravvisse si spostò verso sud per fondare un nuovo casale, Parabita, la cui etimologia è incerta e discussa.

Gli abitanti attaccati ai ricordi della grandezza di Bovota cercarono di riportare nel nuovo casale lo stesso assetto urbanistico. Così la nuova città ebbe una cinta muraria con varie porte: la "Porta di Lecce" a nord; la "porta di Gallipoli" ad ovest; a sud la terza porta, di cui non si conosce più il nome; e infine, ad est la "Porta Falsa". Detta così perché di dimensioni ridotte rispetto alle altre, solo per consentire il transito dei contadini verso le campagne, non quello di mezzi più grandi. Per motivi di sicurezza infatti si cercava di ridurre al minimo possibile i varchi nelle mura di difesa della città.

Lo Stemma Civico di Parabita raffigura due torrioni con due alberi di cipresso, un ponte che li unisce, e in cima un angelo con una spada in mano. Questa stessa immagine si trovava su un lato delle monete che venivano battute a Bavota, con la sola differenza che non c'era un angelo ma un uccello.

Con il feudalesimo Parabita fu assoggettata a varie signorie. Nel 1231 era in mano a Bernardo Gentile, che la dovette cedere agli Angioini che fecero erigere un Maniero. Nel 1269 il Feudo è del francese Giovanni Di Tillio, personalità ostile e sfuggente. Alla morte gli successero i figli e poi Niccolò Adimari. Nel XIV secolo Parabita passò ai Sanseverino. Nel XV secolo toccò al nobile Ottino De Caris, poi Giovanni Antonio Del Balzo Orsini. Nel 1484 Venezia occupò Gallipoli e poi si mosse nell'entroterra per invedere altri paesi, tra cui Parabita.

Dopo vari passaggi per successione Parabita fu, all'inizio del 1500, di Francesco Del Balzo Orsini, Conte di Ugento, alla sua corte viveva Antonino Lenio, importante scrittore Parabitano, e autore di "Oronte Gigante", giudicata da Benedetto Croce il più importante testo del meridione della letteratura epico-cavalleresca.

Tra il 1515 e il 1528 l'Europa venne investita dalla guerra tra francesi e Spagnoli, tra Francesco I e Carlo V; eccetto i feudi di Parabita e Ugento furono dalla parte di Carlo V. Gli spagnoli, come si sa, ebbero la meglio, e quindi i Del Balzo Orsini dovettero fuggire da Parabita e con essi Antonino Lenio.

A partire dal 1531 del Feudo dispose il Regio Fisco. Nel 1535 il Feudo venne acquistato da Pirro Castriota, il più illuminato Feudatario di Parabita. Si impegnò a modificare completamente Parabita, economicamente, socialmente e anche urbanisticamente. Per esempio Piazza Umberto I divenne subito luogo di incontro e scambi commerciali e sociali, fece anche ristrutturare il Castello di Parabita dall'architetto da Evangelista Menga.

Il XVI fu il secolo del Rinascimento e nella Parabita rinascimentale vi fu un fiorire di bei Palazzi: Palazzo Lopez Y Royo, Palazzo De Ramis, Palazzo Vinci.

Il XVII secolo, con il barocco, le costruzioni si impreziosirono di decorazioni interne ed esterne, i palazzi sono ricchi di immagini e dettagli scolpiti su facciate, portali e mensole.

Il Feudo rimane dei Castriota fino al 1678 e nel 1689 viene venduto a Domenico Ferrari, con lui il feudo divenne Ducato.

Nel XVIII secolo arrivò a Parabita un ordine di origine Francescana, gli Alcantarini, che edificarono un nuovo Convento attiguo alla Chiesa del Crocifisso. Nel 1732 venne costruita la Chiesa delle Anime. Il Ducato passò in questo periodo da Domenico al figlio Giuseppe Ferrari.

Nel XIX secolo il Ducato passò ad una discendente Ferrari, Lucia La Greca e a sua figlia Maria Antonia. Nel 1853 il Castello venne acquistato dal Notaio di Ceglie Raffaele Elia.

Al XX secolo è da ascrivere l'opera del Cimitero Monumentale, che assieme alla Grotta delle Veneri ha reso Parabita nota nel mondo. Sul territorio Parabitano ci sono ancora oggi Masserie, Frantoi Ipogei, Chiese rurali, Case a Corte, molte edicole votive, Cripte, grotte, e resti del villaggio neolitico.

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