Martano è la città definita un po' la capitale della Grecìa. Le origini di Martano sono da ricondurre al centurione romano Martius Pegaseus, responsabile delle terre martanesi a partire dal 267 a.C. Una più recente interpretazione, basata sullo studio dello stemma, cambierebbe la tesi del centurione romano per imputare le origini martanesi ad un poeta ed umanista del posto, tale Marzio Pegaseo, il cui "cognomen" veniva associato dai latini all'arte delle lettere e non a quello delle armi.
La "specchia dei Mori" risale probabilmente alla preistoria, così come sarebbe preistorico anche il Menhir di "Santu Totaru", luogo di antichi rituali religiosi degli Japigi durante l'Età del Ferro e siti appunto a Martano.
Con la caduta dell'impero Romano, Martano fu abitata nel Medio Evo da coloni provenienti da terre orientali dell'Impero e poi subì un processo di grecizzazione. La presenza dei Greci diede inizio ad una riorganizzazione dell'assetto territoriale, influenzò tanto questa terra che ancora oggi qualcuno parla il Griko, i Greci e il dominio bizantino hanno pervaso usi e costumi del paese martanese che nonostante l'opera di latinizzazione iniziata a partire dall'XI secolo, elementi del patrimonio, delle tradizioni e del folklore di cultura greca ancora oggi sono rinvenibili e hanno reso nel tempo Martano il maggior centro dell'area ellenofona della Grecìa Salentina.
In epoca normanna, nel 1190, re Tancredi concesse a Giorgio Remanno il feudo che nel 1269 fu dato a Riccardo de Martano. Nel 1300 Martano divenne di Goffredo de Castelli e poi di Rinaldo de Hugot. Nel 1545, divenne dei Bucale e sul finire del 1500 dei De Monti. L'epoca rinascimentale diede a Martano torri, mura fortificate, castello e palazzi. Le opere di difesa servivano per difendersi dalle scorrerie e dalle aggressioni turche. Iniziò un periodo che pose Martano in una posizione di privilegio: botteghe, mercato settimanale e centri di provvista di acqua, permisero a Martano di divenire punto di riferimento per i vicini villaggi ellenofoni. Tale ruolo è stato conservato fino ai giorni nostri, resistendo anche al forte irrigidirsi dei vincoli e dei limiti feudali.