I negozi erano pochissimi sino alla metà del Novecento: quello di generi alimentari, il tabaccaio, la farmacia, la merceria ed un magazzino dove si trovava un po' di tutto: attrezzi d'ogni tipo, materiali per l'edilizia e articoli elettrici. Le spese importanti si facevano prevalentemente alle fiere annuali e le piccole spese al mercato settimanale.
Vorrest sapere di più sul Salento e sui luoghi che visiterai in occasione delle tue prossime vacanze? Seleziona le date e prenota subito una visita guidata, una gita o un tour; alcune delle soluzioni offerte ti porteranno alla scoperta dell'artigianato salentino di una volta. Le rubriche suggerite hanno solo valore indicativo, programmi di tour ed escursioni vengono continuamente aggiornati, consultali seguendo le indicazioni del widget qui sotto!
Gli ambulanti di una volta vendevano, ma anche acquistavano e, soprattutto, scambiavano; nella Grecìa salentina il baratto ha assorbito la maggior parte del mercato fino alla metà dello scorso secolo.
L'acqua piovana veniva raccolta nella cisterna in casa, ed utilizzata per tutto l'anno, risultando spesso, nonostante una rigida economia, insufficiente; laddove le falde sotterranee delle quali è ricco il carsico Salento sono superficiali, si scavavano dei pozzi, che comunque erano piuttosto rari.
Esisteva un sistema di conservazione e utilizzo sociale dell'acqua piovana: in ogni comune del Salento, in un avvallamento del terreno, si costruivano delle capaci cisterne, talvolta comunicanti tra di loro, dette pozzelle, che costituivano una capace riserva alla quale la comunità attingeva.
Talvolta si rendeva comunque necessario acquistare l'acqua, soprattutto allorquando quella della cisterna risultava inquinata, nonostante la precauzione di pulirla ogni cinque anni, nonostante la precauzione di tenervi una o due giovani anguille che ripulissero l'acqua dagli insetti; si ricorreva allora all'acquaiolo, il venditore ambulante di acqua.
C'era poi lu fierrivecchi, che prendeva il nome dal grido che lanciava per le strade, il quale acquistava oggetti inservibili di ferro, di alluminio, di ottone, di rame in cambio di denaro o di oggetti per la casa: secchi, piatti, bicchieri, lumi e lucerne.
C'era lu ciapezzàru, il cenciaiolo, che scambiava qualunque straccio con stoviglie e pettini.
Lu ciapezzaru raccoglieva anche capelli, i lunghi capelli che le bambine fino all'adolescenza portavano sciolti, le donne raccolti in trecce (le nubili cadenti lungo le spalle e le sposate fermate a crocchia sulla nuca); pettinati con dei pettini a denti vicinissimi (anche per combattere I pidocchi, che erano molto diffusi), i capelli che venivano via erano raccolti e ceduti al cenciaiolo.
A Cutrufianu li cutemari, a Castrignano li ciapezzari, a Cutrofiano i figuli, a Castrignano i cencialioli.
C'era lu margàru, un ambulante che ritirava la murga (dal latino amurca), la morchia, I fondi dei contenitori di olio sporchi di depositi e residui, anche egli dando in cambio oggetti per la casa.
Venditori in senso proprio, come l'acquaiolo, erano il lattaio ed il gelataio.
Lu gelataru era fornito di un contenitore chiuso montato su un triciclo; nel cassone erano inserite due o tre sorbettiere circondate da ghiaccio tritato e sale grosso.
I gelati erano al limone, alla crema, al cioccolato, e lu gelataru suscitava implacabilmente pianti di bambini vogliosi e strilla di mamme che negavano, perché i pochi soldi necessari spesso non c'erano.
Il lattaio era lo stesso pastore il quale, di mattina recandosi col gregge al pascolo o nel tardo pomeriggio rientrando, passava per alcune strade del paese magari allungando il percorso, e vendeva il latte mungendolo immediatamente, sul posto.