Alcuni antichi mestieri salentini si svolgevano in bottega, che spesso si trovava all'interno dello stesso edificio in cui era ubicata la casa dell'artigiano, erano occupazioni che non richiedevano grandi spazi, in questo modo la piccola e modesta attività poteva essere svolta più comodamente perchè non richiedeva spostamenti e a costi più contenuti.
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Alcune vecchie bottegehe ancora esistono, nei piccoli centri salentini si trovano i calzolai e i sarti di una volta.
Il lavoro artigiano del calzolaio, un mestiere che richiede conoscenze, esperienza e applicazione; che era ricercato ed apprezzato; che non era molto faticoso, si svolgeva al chiuso e rendeva bene, ha assunto nel tempo un valore di paragone negativo.
Nel gergo locale e non solo, allorché si voglia dire a qualcuno che non sa fare il proprio mestiere, lo si accusa di essere nu scarparu; ingrata sorte per il ciabattino, che tra l'altro era un artigiano attento alle rifiniture ed all'eleganza!
La bottega del calzolaio era spesso costituita da una stanzetta nella stessa abitazione, in quanto richiedeva poco spazio: il desco, lungo il muro un'asse sulla quale poggiare gli attrezzi, in un angolo la piccola provvista di cuoio e pelle.
La maggior parte del lavoro era costituita dalla riparazione delle scarpe: sostituzione dei menzetti (le mezze suola) e dei sopratacchi; questi, una volta eliminati i precedenti consunti, venivano incollati ed inchiodati con le samenzeddhe, dei chiodini a sezione quadrata; i menzetti invece venivano incollati al fondo della scarpa e cuciti, utilizzando spago impeciato e per i fori la ssuja, la lesina; per evitare che lo spago si consumasse facilmente a causa dello strofinio dei punti contro il suolo, il ciabattino con una lama affilatissima sollevava lungo tutto il perimetro, ad un centimetro dal bordo, una linguella della suola, cuciva facendo passare lo spago sotto la linguella, la quale veniva poi incollata al resto del cuoio.
Per aumentare la durata di menzetti e sopratacchi, l'estremità anteriore dei primi e quella posteriore dei secondi venivano munite di piccole mezzelune metalliche, incollate ed inchiodate.
Lu scarparu rattoppava la pelle delle scarpe allorché questa per consunzione o per trauma si rompeva.
L'altra attività del ciabattino era la fabbricazione di scarpe nuove su misura, e per il committente si trattava di un evento di grande rilievo: non era evento che si ripetava spesso acquistare delle scarpe nuove.
I proverbi de lu scarparu
Lu scarparu scazzatu, li bbarbieri cu lla barba, lu sartore strazzato.
Il ciabattino scalzo, il barbiere con la barba, il sarto lacero.
Se si esaminano gli strumenti del sarto, ci si accorge che sono di una grande semplicità, parché il risultato dipende tutto dalla bravura dell'artigiano.
Il grande banco sul quale si spiegano le stoffe per tagliarle e stirarle è il mobile principale; quanto agli attrezzi, questi si riducono a grandi forbici, aghi di varie grandezze, spilli per la puntatura, gesso, ditale, ferro da stiro e, dal 1800, la macchina da cucire.
Il sarto si occupava quasi esclusivamente di vestiti nuovi, in quanto l'adattamento, la riparazione ed il rattoppo di quelli usati erano competenza delle donne di casa; i rudimenti della sartoria costituivano un caposaldo dell'itinerario formativo della buona fanciulla; addirittura, la maggior parte delle fanciulle trascorreva un periodo della propria adolescenza alla mescia, una sarta che insegnava loro i fondamenti dell'arte.
I proverbi de lu sartore
Azza longa, mescia ddonda.
Filo lungo, sarta cattiva.
Lu quarnimentaru, ovvero il bastaio e sellaio, fabbricava basti, selle, redini, sottopancia, pettorali e tutti i guarnimenti per gli animali da soma e da trasporto.